L’entrata in vigore dell’orario ferroviario invernale racconta, ogni anno, il cambiamento in termini di quantità e qualità dei treni in circolazione e di conseguenza degli effetti sulla vita quotidiana dei pendolari di tutta Italia.
Legambiente con la sua campagna Pendolaria ogni anno a questo appuntamento presenta un dossier con quelle che sono le 10 linee peggiori, ossia le situazioni, in diverso modo, emblematiche per capire da dove si dovrebbe partire per rilanciare l’offerta di trasporto pubblico su ferro, con beneficio in termini di meno inquinamento e meno congestione nelle nostre città, ma anche di qualità della vita e ridotta spesa per le persone.
Per Legambiente è fondamentale occuparsi di quei pendolari che ogni giorno prendono questi treni e che sono circa 3 milioni. Lo è per una ragione molto concreta e di idea del Paese: su alcune di queste linee malgrado l’affollamento dei convogli la situazione non vede miglioramenti, in altre continua a peggiorare e sempre più persone abbandonano i treni proprio perché li trovano sempre più affollati, vecchi e con continue cancellazioni.
In testa alla classifica delle tre linee peggiori sono da dieci anni sempre le stesse che continuano a vedere peggioramenti. Si tratta di linee che attraversano quartieri densissimi e periferie metropolitane, come la Roma Nord-Viterbo e la Roma-Ostia Lido gestite da Atac, e le linee ex Circumvesuviana gestite da EAV in Campania, su cui viaggiano ogni giorno centinaia di migliaia di persone (in forte calo proprio per le condizioni delle linee) in situazioni disastrose ed inaccettabili.
1) Linee Ex Circumvesuviane
La conferma in negativo, ancora un volta, è rappresentata dalla ex ferrovia Circumvesuviana. Questa ferrovia collega un’area metropolitana di circa due milioni di abitanti e si estende per circa 142 km (distribuiti su 6 linee e 96 stazioni) che si sviluppano intorno al Vesuvio, sia lungo la direttrice costiera verso Sorrento, sia sul versante interno alle pendici del Monte Somma, fino a raggiungere Nola, Baiano e l’Agro nocerinosarnese.
I numeri sul servizio, relativi ai primi cinque mesi del 2019, confermano la drammatica condizione dei viaggiatori sulle linee EAV (Ente Autonomo Volturno) l’holding – con socio unico la Regione Campania – dove nel 2013 sono confluite Circumvesuviana, Cumana, Circumflegrea e Metrocampania NordEst.
Nel 2019 da inizio Gennaio a fine Giugno sono state 1.634 le corse cancellate. Nei primi sei mesi del 2018 erano state 340.
Altro record negativo è quello relativo ai ritardi, con una media di 5,36 minuti rispetto ai 5,25 del 2018 ed un totale di 240.333 minuti di ritardo nei primi sei mesi del 2019, contro i 235.309 nel 2018.
La peggiore linea è risultata essere la Napoli-Sorrento con una media ritardo di 8,44 minuti (e quindi picchi molto maggiori) mentre più della metà delle soppressioni dei treni, 926 sul totale delle 1.634, sono totalizzate da due sole linee: Napoli-Sarno e Napoli-Poggiomarino.
Ad inizio Dicembre si sono verificati due giorni consecutivi di soppressioni e disagi a causa della protesta dei capitreno che si sono rifiutati di accettare le ore di straordinario, necessario per garantire il servizio, considerato l’organico ridotto.
Si è trattato di oltre 30 corse soppresse dove solo in alcuni casi è stato attivato il servizio automobilistico sostitutivo, ma nel corso della giornata ha prevalso il caos con banchine affollate, treni strapieni e tanto malumore tra i pendolari.
Fino al 2003 la Circumvesuviana assicurava più di 500 corse al giorno, oggi i numeri sono quasi dimezzati, con 296 corse sulle varie linee. Questo perché fino al 2010 i treni in circolazione erano 94 poi si è assistito ad una lenta ed inesorabile parabola discendente.
Allo stato attuale, salvo guasti, viaggiano 50 treni, ma ne occorrerebbero almeno 70 per garantire un servizio dignitoso ai pendolari, costretti ancora a viaggiare ammassati. Basti dire che rispetto al 2012 i passeggeri ogni giorno sulla Circumvesuviana si sono ridotti del 22% (fermi da alcuni anni a 93mila viaggiatori al giorno).
Tra le buone notizie va segnalata l’inidividuazione, da parte di EAV, di 4 stazioni (Brusciano, Cercola, S. Maria del Pozzo e Vesuvio De Meis) – definite da un gruppo pendolari facebook “stazioni dell’horror” – da valorizzare in quanto spesso oggetto di atti vandalici che hanno portato tali stazioni ad un preoccupante degrado. Il 30 Ottobre una di queste, “Vesuvio De Meis” che serve l’Ospedale del Mare a Ponticelli, ha visto completato il restyling.
Inoltre si é conclusa la gara per la fornitura e la manutenzione di circa 40 nuovi treni per un valore complessivo di 314 milioni di euro. 8
2) Roma Nord-Viterbo
Fare il pendolare tra Roma e Viterbo rappresenta ormai un’avventura quotidiana sulla linea ATAC che collega la Tuscia a Roma Nord. La linea si snoda per 101,9 km, suddivisi in 12,5 km di servizio urbano ed i restanti 89,4 km di servizio extraurbano, con 35 fermate ed un tempo di percorrenza previsto di 22 minuti per la tratta urbana e di 155 minuti per quella extraurbana.
I passeggeri ogni giorno sulla linea ATAC sono 75.000 e si ritrovano con treni sovraffollati e vecchi, che viaggiano in media a 39 kmh, e che di conseguenza necessitano di una manutenzione sempre maggiore e non garantiscono la puntualità delle corse.
Il parco rotabili è composto da 21 convogli per una sconcertante età media di 20,9 anni. L’offerta ha visto un calo del 3,3% tra il 2017 ed il 2018. Solo tra l’inizio di Luglio e la fine di Agosto sono stati clamorosi i disagi a causa della soppressione di 22 treni.
I pendolari testimoniano il declino della linea e del servizio, ricordando come fino al 2009 i convogli utilizzati erano nuovi ed erano entrati in funzione quelli con aria condizionata.
Dal 2010, con la gestione ATAC ed i tagli al settore, i problemi si sono gradualmente amplificati. Ad esempio da Viterbo a Catalano esistono solo bus sostitutivi mentre tra Catalano e Montebello i pendolari vedono alternati convogli ferroviari ad autobus. Poi i parcheggi delle stazioni non sono custoditi e si sono registrati numerosi casi di vandalismo e danneggiamento delle auto presenti, in alcuni casi furti. Stessa situazione di altre linee per molte delle stazioni attraversate: degrado, sporcizia e biglietterie inutilizzabili.
La linea inoltre non è accessibile ai disabili perchè ancora sono pochissime le stazioni con ascensori ed al capolinea di Piazzale Flaminio a Roma esistono ancora barriere architettoniche per cui la banchina non risulta a norma. Tanto che ogni volta che c’è un disabile, che prova ad utilizzare la linea, deve essere aiutato a mano a salire sui treni da altri passeggeri, mentre nessun addetto è presente alle stazioni o sul treno.
Infine, sempre per motivi legati alla vetusta infrastruttura, non è possibile portare biciclette a bordo. La linea è riuscita nell’impresa di scavalcare la “gemella” Roma-Lido tra quelle peggiori, perché rischia seriamente la chiusura.
Unica novità in positivo è l’acquisto, annunciato al momento, di 18 nuovi treni, 6 per il servizio urbano e 12 per quello extraurbano. Per quanto riguarda l’infrastruttura dovrebbe essere ripristinato lo scambio di Vignanello e, se verranno mantenuti gli impegni economici per il potenziamento della linea, dovrebbero essere realizzati interventi di adeguamento tecnico su tutta la tratta per i binari, la linea elettrica e la segnaletica dei passaggi a livello, con soggetto attuatore RFI. Sarà poi effettuato il raddoppio della linea da Montebello a Riano e da Riano a Morlupo con la fine dei lavori che dovrebbe avvenire entro il 2022.
3) Roma San Paolo-Lido di Ostia
Dovrebbero essere ufficialmente 37 i minuti necessari a percorrere i 28,3 km che separano la stazione di Porta San Paolo a Roma (un fondamentale nodo della mobilità urbana con la metro B, la Stazione Fs Ostiense ed il tram) ed il mare di Ostia.
La realtà purtroppo è ben diversa e lungo le 13 fermate di quella che dovrebbe essere una linea strategica per la mobilità dell’area romana, sono ormai 10 anni che si assiste ad un costante peggioramento per la vita dei pendolari.
La linea è ancora tra le peggiori d’Italia perché nessun cambiamento è avvenuto e nessun cambiamento è alle porte, con ancora gli stessi problemi vissuti dai pendolari ed una situazione del servizio davvero vergognosa per i ritardi e per il degrado in cui versano le stazioni.
Gli investimenti nel materiale rotabile non si sono ancora visti, così come gli impegni di rilancio della linea con lo stanziamento di risorse aggiuntive di cui non si ha notizia. Sono addirittura scesi a 15 i convogli destinati alla linea, rispetto ai 17 dello scorso anno, ai 23 del 2016 ed ai 24 del 2015. Nonostante la rottamazione di quelli più vecchi abbia permesso di abbassare l’età media, questa comunque arriva a 15,3 anni. Le corse effettuate nell’anno 2018 sono state del 5% inferiori rispetto a quelle del 2017.
La conseguenza la si continua a vedere nel numero degli utenti sceso a poco più di 55mila mentre erano 100mila solo pochi anni fa e continuano a calare per via del degrado. Le biglietterie sono presenti solo in meno di un quarto delle stazioni, i continui guasti e problemi tecnici si ripercuotono sugli utenti tra corse che saltano senza che venga fornita un’adeguata informazione, e poi ritardi periodici, sovraffollamento dei treni e la condizione drammatica di molte stazioni che tra incuria e sporcizia sembrano essere abbandonate. I lavori alla stazione di Acilia Sud sono fermi da tempo e Tor di Valle è nelle stesse misere condizioni.
La fermata dell’ex ippodromo in particolare versa in uno stato di degrado totale e si presenta oggi come un cantiere, se non una discarica a cielo aperto, con tanti gradini e niente scale mobili, tornelli finti che permettono a chiunque di passare e vigilanza completamente assente.
I cantieri sono bloccati addirittura da Agosto 2017, mentre il completamento di queste due stazioni ha visto partire l’iter nel 2008 con il via libera in conferenza dei servizi. Il ritardo cumulato parla di oltre 3 anni di ritardo rispetto alle previsioni ma considerando lo stato in cui le stazioni si trovano al momento non si ha certezza dei tempi futuri per la chiusura dei cantieri.
Inoltre ad Acilia Sud al momento non sono previsti la realizzazione di parcheggi e sovrappasso, rendendo il potenziale di questa nuova stazione decisamente limitato. Il viadotto ciclo-pedonale è stato infatti declassato dal Comune e senza i 2 milioni di fondi necessari per realizzarlo i 60mila residenti della zona non avranno possibilità di raggiungerla se non tramite l’attraversamento della via del Mare. Una condizione simile è quella delle stazioni storiche della linea quali Vitinia, Ostia Antica e Castel Fusano.
Inoltre nelle giornate in cui si aggiungono i disagi provocati dal maltempo il tutto si trasforma in un incubo, con folle di pendolari lasciate in attesa della navetta sostitutiva costretti ad aspettare sulla via Ostiense con parziale invasione della carreggiata.
Si aggiunge alla terribile quotidianità anche la storia della stazione scomparsa, quella del Torrino-Mezzocammino, un quartiere nato nell’ultimo decennio, attorno ai binari della Roma-Lido e dove sono stati versati alle casse comunali quasi 2 milioni di euro in oneri di urbanizzazione che avrebbero dovuto finanziare la realizzazione della fermata.
Oggi, con grave responsabilità del Comune di Roma i soldi sono spariti e, al fianco dei binari è stato costruito un parcheggio da 100 11 posti nel nulla laddove doveva esserci la stazione, mentre i 12.000 abitanti del quartiere sono costretti all’uso dell’auto privata per spostarsi verso il centro cittadino.
E’ difficile intravedere una qualche speranza di cambiamento, malgrado sia stato annunciato, da anni ormai, un accordo tra Regione Lazio e Governo che ha portare allo stanziamento di 180 milioni di Euro. Perché nulla si sa di questo investimento e la drammatica situazione debitoria di Atac fa temere che le risorse vadano perse.
Nel frattempo sono partite le procedure per l’acquisto di 5 nuovi treni, che però non arriveranno in tempi brevi e comunque non risolveranno l’emergenza. La soluzione per la Roma-Lido è trasformarla in una vera e propria metropolitana, visto che è tutta all’interno del Comune di Roma e potrebbe catturare un bacino di utenti enorme, migliorando la mobilità dell’intero quadrante urbano a Sud di Roma. 12
4) Milano-Chiasso
In Lombardia la linea S11, di circa 51 km e che collega il confine di Stato a Chiasso con il capoluogo milanese, trasporta giornalmente oltre 40mila utenti giornalieri, maggiormente concentrati tra Seregno e Milano, nel cuore della Brianza. Proprio in questo tratto si concentrano le maggiori problematiche tanto che, nel Novembre scorso, anche i sindaci di Lissone, Desio e Seregno si sono mobilitati in sostegno ai pendolari della linea S11.
Le proteste riguardano un lungo l’elenco di disservizi: ritardi giornalieri, corse non effettuate e soppressioni senza preavviso, carrozze piene a tal punto da non poter salire, mancanza di comunicazioni ai viaggiatori, treni nella maggior parte dei casi vecchi e non sufficientemente capienti. La Milano-Chiasso risente già oggi del passaggio dei treni internazionali che percorrono la direttrice verso il nord Europa e ancora di più ne risentirà con il completamento del sistema AlpTransit, previsto nel 2021.
Questa linea è infatti parte integrante del sistema di collegamento ferroviario internazionale, ad oggi però solo parte dei lavori di ammodernamento e sistemazione delle linee è in corso. Uno dei problemi più gravi infine è legato al fatto che questa linea si interseca a Seregno con la S9 (Saronno-Seregno-Milano-Albairate) che raccoglie un numero simile di passeggeri al giorno, anche in questo caso circa 40mila, creando un collo di bottiglia tra Seregno e Milano che aggrava ulteriormente i problemi in particolare sulla S9 stessa, ma in generale su entrambe le linee.
5) Terni-Sansepolcro
In Umbria, malgrado siano stati stanziati i fondi necessari al potenziamento della ex Ferrovia Centrale Umbra, sono saltati tutti i cronoprogrammi per la realizzazione dell’opera che non vede il passaggio di treni da 2 anni e mezzo. Si tratta di una ferrovia di vitale importanza per i pendolari umbri e che attraversa da nord a sud l’intera regione per 150 km di lunghezza.
La linea collega Terni a Sansepolcro vede i lavori per il potenziamento in ritardo cronico e non sono buone le notizie anche per l’unico tratto riaperto al traffico, quello tra Perugia Ponte San Giovanni e Città di Castello, di 53 km, e dove il tempo di percorrenza risulta ancora elevatissimo: 1 ora e 30 minuti.
La tratta tra Perugia Ponte San Giovanni e Terni rimane nelle incertezze, mentre quella tra Città 13 di Castello e Sansepolcro è stata affidata alla regione Toscana, eppure, come detto, i fondi non sono mancati grazie a circa 650 milioni di euro stanziati tra il 2017 ed il 2018. Non mancano ovviamente le proteste dei comitati pendolari, tra cui il neonato Comitato Pendolari dell’Alto Tevere, che rappresenta principalmente i pendolari che si recano da Città di Castello ed Umbertide a Perugia.
I pendolari chiedono, in particolare, una revisione dell’orario di BusItalia (gestore della linea), per poter andare maggiormente incontro alle esigenze dei viaggiatori. In particolare si lamenta la mancanza di coincidenze adeguate con i treni di Trenitalia presso la stazione di Perugia Ponte San Giovanni, così come alle volte mancherebbero perfino quelle con autobus sostitutivi verso Perugia centro e verso Terni.
6) Agrigento-Palermo
Su questa linea il tempo di percorrenza è di 2 ore, la velocità media di 67 km/h, e sono 12 le coppie di treni che quotidianamente percorrono la linea lunga 137 km ed elettrificata dagli anni ‘90. Malgrado la domanda di spostamento tra le due città sia molto rilevante, solo una bassa percentuale si sposta in treno e la ragione sta nel fatto che i treni sono lenti, pochi rispetto alla capacità della linea e risultano molto spesso in ritardo, specialmente nelle giornate di pioggia quando in molte stazioni si allagano i binari e si verificano o purtroppo anche frane.
E l’annosa questione della linea Agrigento-Palermo ha visto, negli ultimi anni, un problema aggiuntivo legato al disastro del collegamento stradale tra le due città, con la SS189 che vede numerosi cantieri aperti, una serie di semafori e conseguenti interruzioni.
Il problema principale della tratta ferroviaria in questione è costituito dalle condizioni in cui i passeggeri sono costretti troppo spesso a viaggiare, con casi in cui già ad Aragona Caldare (dopo appena 2 delle 10 fermate intermedie previste) i treni portano decine e decine di passeggeri in più rispetto alla disponibilità di posti a sedere.
Va inoltre considerato che su questa tratta RFI ha speso 70 milioni negli ultimi 10 anni per ridurre di circa 20 minuti la percorrenza, che invece oggi è aumentata di 5 minuti.
La percorrenza programmata è aumentata, infatti, per evitare di pagare le penali, previste dal contratto di servizio sottoscritto tra Trenitalia e la Regione, in caso di ritardo superiore ai cinque minuti. In questo modo viene a mancare la competitività rispetto al servizio delle autolinee. I pendolari infine lamentano dei cattivi odori provenienti dai bagni causato dal mancato svuotamento della vasca di raccolta dei li- 14 quami perché semplicemente ad Agrigento non è previsto lo svolgimento di questo servizio.
In Sicilia va inoltre sottolineata la situazione della linea Caltagirone-Catania, della lunghezza complessiva di 60 km, e che è stata recentemente rimessa in servizio dopo oltre dieci anni di inattività dovuti al crollo di uno dei ponti sui quali insiste il tratto, che aveva determinato il blocco di tutte le corse in partenza da Catania e verso Gela.
Il problema è che la linea non risulta elettrificata né tantomeno ammodernata e ciò non consente ai nuovi e moderni treni messi a disposizione di poter percorrere la tratta, restando quindi operativi, per gran parte, vecchi treni a gasolio, sporchi e rumorosi. Non a caso, i tempi di percorrenza restano lunghi e non competitivi per i pendolari.
Il tempo di percorrenza medio da Caltagirone a Catania Centrale dovrebbe essere di 1 ora e 34 minuti, in realtà, a causa di vari rallentamenti ed inefficienze nel servizio, la singola corsa non ha mai una durata inferiore alle 2 ore e 30 minuti, sfiorando anche le 3 ore. In tutto sono solamente 2 le coppie di treni al giorno che collegano Caltagirone a Catania.
7) Battipaglia-Potenza-Metaponto
La linea Battipaglia-Potenza-Metaponto, lunga 199 km, elettrificata ma a binario unico, è l’unica linea con impianti di buon livello in Basilicata ma gli interventi previsti per la velocizzazione e potenziamento non hanno al momento copertura finanziaria. Si tratta di una linea di fondamentale importanza in particolare per i pendolari lucani visto che attraversa l’intera regione collegando centri urbani e sedi industriali di rilevanza nazionale, creando l’interconnessione tra il porto di Taranto e lo Jonio con il versante tirrenico.
Purtroppo su questa linea, anche quando i treni non subiscono soppressioni improvvise, la lentezza dei treni è disarmante, con convogli che non raggiungono i 50 km/h di velocità di media e impiegano 1 ora e 50 minuti per collegare i 120 chilometri tra Potenza a Salerno, mentre tra Potenza e Metaponto i tempi di percorrenza sono di 1 ora e mezza per 107 km.
Risulta quindi fondamentale intervenire per adeguare il tracciato, con riduzione delle pendenze ed aumento dei raggi minimi, come previsto dai piani di RFI. Il problema in questo caso è che il fabbisogno economico per gli interventi di potenziamento ammonta a circa 855 milioni di euro, con soli 32 milioni già assegnati ed una situazione progettuale ferma a livello preliminare.
Ma tra le linee peggiori d’Italia va inserita anche la Foggia-Potenza, di 118 km di lunghezza (di cui 65 in Basilicata) non elettrificata ed a binario unico. Si tratta del principale collegamento ferroviario tra Puglia e Basilicata e per questo sono previsti lavori di elettrificazione ed adeguamento per il traffico merci, ma il cronoprogramma prevede la loro conclusione non prima del 2023.
Al momento circolano quindi treni diesel vecchi, che spesso sono la causa di ritardi e soppressioni.
8) Genova-Ovada-Acqui Terme
Ancora numerosi disagi si riscontrano sulla linea che collega Genova ad Acqui Terme, che svolge un ruolo sia di collegamento interregionale che pendolare, con diverse stazioni nella provincia di Genova.
Non è facile infatti la situazione dei pendolari liguri lungo questa linea, con un’infrastruttura che vede ancora 46 km di binario unico sui 63 della tratta e dove risulta indispensabile ormai un potenziamento almeno fino ad Ovada (AL).
Al contrario sono costanti i disagi per i pendolari dell’area, con ritardi cronici dovuti a problemi durante l’attraversamento dei passaggi a livello ed una velocità media ferma ancora a 60 kmh (con tempi aumentati rispetto al passato). I pendolari che utilizzano la tratta vivono quotidiane difficoltà a causa di buchi orari che superano le 2 ore dal lunedì al venerdì ed una frequenza ancora meno vantaggiosa nei sabati e festivi. A tutt’oggi manca la copertura minima di un treno all’ora, con un saldo negativo dell’offerta rispetto al 2015.
Dallo scorso 5 dicembre sono state aggiunte due nuove corse, per fare fronte alle difficoltà di collegamento con la Liguria dovuti ai problemi sulle autostrade A26 e A6.
9) Torino-Chivasso-Ivrea-Aosta
La tratta, lunga 66 km, non è elettrificata tra Ivrea ed Aosta e nessun finanziamento per la realizzazione dell’opera è al momento disponibile.
Il problema principale riguarda l’inadeguata composizione (3 carrozze, a volte anche 2) con cui molto frequentemente, in modo sempre meno occasionale, viene realizzato il treno del mattino più utilizzato lungo la tratta Aosta-Ivrea-Torino, il Regionale che parte da Ivrea alle 7.32 per arrivare a Torino Porta Nuova alle 8.35. Nei fatti, in quelle occasioni già ad Ivrea il treno si riempie totalmente, a Strambino e a Caluso si trova posto solo in piedi e via via sempre più stipati, da Chivasso le condizioni di viaggio diventano proibitive.
Segnalazioni di eccessivo affollamento, per scarsità di carrozze, sono pervenute anche su altri treni tra quelli delle fasce mattutine e serali più utilizzate dai pendolari. Inoltre, con l’entrata in servizio dei treni bimodali dallo scorso 6 Ottobre, come era assolutamente prevedibile consultando la capienza di questi convogli, i problemi di affollamento si sono aggiunti anche a questa categoria di treni, che per ora non sono ancora stati usati sulle tracce a maggior frequentazione.
Grazie ai treni bimodali con motori convertibili da diesel ad elettrico, proprio per poter entrare nella stazioni di Torino dove i diesel sono proibiti, dovevano temporaneamente essere superate queste criticità. Al contrario il cambio numero treno e la sosta prolungata ad Ivrea, che varia dai 6 a 15 minuti non hanno migliorato la situazione. Nel frattempo quindi i disagi subiti dai pendolari continuano, con corse in ritardo molto spesso a causa dei guasti ai numerosi passaggi a livello presenti sulla linea, con il record per la tratta tra Quincinetto e Chivasso con 49 passaggi a livello, una media di uno per chilometro.
10) Verona-Rovigo
Sulla Verona-Rovigo troppo poco è stato fatto perché, su questa tratta ferroviaria di 96,6 km che collega due capoluoghi di provincia ed uno snodo importante come quello di Legnago, il servizio vede ancora il passaggio solamente di 12 coppie di treni al giorno mentre nel 2012 se ne contavano 14.
La linea è gestita da Sistemi Territoriali, azienda controllata dalla Regione del Veneto, ed è a binario unico se non per due piccoli tratti (per un totale di 15 km). I problemi segnalati da studenti, lavoratori e turisti, sono sempre gli stessi: poche corse, mezzi obsoleti, ritardi ed abbandono delle piccole stazioni spesso sprovviste perfino delle tabelle che indicano gli orari. Per fare un confronto con il passato, 17 anni fa il treno più veloce ci mettevo 1 ora e 25 minuti, oggi impiega 16 minuti in più.
I problemi sono davanti agli occhi di tutti con tempi di percorrenza lunghi (55 km/h di media) e l’inadeguatezza dell’infrastruttura, ancora non elettrificata. Anche nel corso del 2019, in special modo con l’introduzione dell’orario estivo, si sono verificati disagi, con alcune corse tagliate (sette complessive) e, di conseguenza, treni sovraffollati.
La Regione aveva promesso l’arrivo di 10 nuovi convogli per il 2019 mentre ne sono arrivati solamente 2 ad inizio anno, treni regionali veloci, che però senza il completamento dell’infrastruttura sono ancora alimentati a diesel. Alcuni miglioramenti sono stati registrati anche per l’indice di gradimento sulla qualità percepita cha dall’84,7% è passato al 91,5%, riferito in particolare alla puntualità ed alla pulizia dei treni regionali. Molto da fare rimane per rendere il servizio davvero efficiente, veloce e competitivo nei confronti della gomma.